Ho iniziato ad andare allo stadio con mio padre, mio
zio, mio cugino e mio nonno all'età di tre anni, perché papà avrebbe tanto
voluto un maschietto e anche quando ha visto il braccialetto rosa nella nursery
non si è arreso. I miei primi ricordi però risalgono ai tempi di Riedle e Ruben Sosa
durante una noiosissima partita Lazio - Bari finita 0 a 0. Alle elementari e
per tutti gli anni delle medie sono stata pazzamente innamorata di Beppe Signori
e dei suoi rigori, ma ammetto che anche Casiraghi con i suoi stacchi di testa non
mi dispiaceva per niente. Forse il mio folle innamoramento era dovuto al fatto
di vederli abbastanza alla mia portata, dato che avevo due poster formato
grandezza naturale e con un semplice saltello riuscivo a baciarli entrambi
sulla bocca. Poco più tardi è arrivato
Paul Gascoigne con le sue bravate dentro e fuori dal campo e a causa sua ho iniziato
a sognare la curva nord, incantata dai suoi cori e dai suoi striscioni.
Così,
appena ho raggiunto i 18 anni, di nascosto da tutti mi sono abbonata lì,
abbandonando la Tevere con gli amici più snob e il divano di papà. Si sono così
seguiti un po’ di anni di pazzia post-adolescenziale, di trasferte imbucata nei
pullman degli Irriducibili e di una manganellata a Firenze che, se ci penso, ancora mi fa male (mamma e papà state tranquilli. Come vedete sono cresciuta
ugualmente bene, anche se ogni tanto il cervello ancora si inceppa, ma dicono
che passerà!). Ho tuttora una tartaruga di terra che si chiama Nesta, anche se
il nome che avevo scelto era Alessandro credendo fosse maschio. Poi c'è stato
l'anno dei 4 derby vinti contro la Roma, lo scudetto e la Coppia Italia di
Cragnotti ed Eriksson, il derby del braccio teso di Di Canio sotto la Sud per
il quale mi sono ritrovata a cavacecio ad un ragazzo venti file più in basso e finalmente
il ritorno di papà allo stadio.
Ed è proprio di papà che voglio parlarvi, ma anche della lazialità che mi ha
trasmesso, e soprattutto della sua preoccupazione di arrivare tardi, tanto che
è ormai diventato un vezzo pubblicare ogni domenica una foto di me e lui con lo
stadio vuoto.
Ma io lo amo
anche per questo e se anche lo prendo in giro ogni volta, poi alla fine cedo e
mi lascio venire a prendere all'orario che preferisce. Anche perché, in realtà,
gli spalti vuoti e il brusio di passi che si fanno sempre più copiosi mi
fanno tornare indietro col tempo.
A quando per farmi stare buona portava con se le
carte e in attesa del fischio d'inizio giocavamo a scopa e a scala quaranta. A
quando mi svegliava la mattina all'alba per accompagnarmi all'asilo, facendomi
trovare il latte nero nero di nesquik, il soldino della mulino bianco, che all'epoca era ancora di forma quadrata, e la tv accesa su rete quatto
per vedere Ciao Ciao.
A quando, per non farmi addormentare la mattina durante
il tragitto in macchina Ostia-Roma, facevamo il gioco dei taxi ideato da
lui (chi vedeva per primo un taxi guadagnava un punto e quelli bianchi,
all'epoca rari, ne valevano due).
Lo so, sono stata una bambina fortunata: ho avuto
un padre d'eccezione. E lo sono tuttora.

SPAGHETTI CON LE TELLINE
- 500 g di TELLINE
- 300 g di SPAGHETTI
- 2 spicchi d'AGLIO
- PEPERONCINO
- PREZZEMOLO
- OLIO
- SALE
- qualche POMODIRINO PACHINO
- per prima cosa mettere a bagno in acqau salata (se del mare ancora meglio) le telline per almeno due ore affinchè rilascino tutta la sabbia
- in una padella mettere a soffriggere nell'olio aglio in camicia, qualche foglia di prezzemolo sminuzzata a mano, un pò di peperoncino
- appena il soffritto è pronto e l'olio caldo, aggiungere le telline sciacquate e 5-6 pachino tagliati a metà (servono solo per dare un pò di colore) e un pò di sale (in caso ne occorra)
- chiudere con un coperchio e far aprire le telline (ci vorrano circa 10 minuti)
- nel frattempo mettere a bollire l'acqua per la pasta
- quando tutte le telline saranno aperte (quelle chiuse non mangiatele, mi raccomando!) e buttare la pasta e scolarla molto al dente
- scolare gli spaghetti, mantenendo un pò d'acqua di cottura, e versarli direttamente nella padella delle telline
- mantecare fino ad esaurimento dell'acqua, creando così un condimento denso
- servire subito con una spolverata di prezzemolo tritato
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