Io non c’ho che te, tu non c’hai che me, non c’avemo un
granché. Questa è la frase che mi diceva sempre la mia mamma quando da piccola
mi spupazzava un po’ tra le coperte. Ed era vero, perché se anche intorno a noi
ruotava una miriade infinita d’affetto, io e lei eravamo una cosa sola. Io, per
forza di cose, vivevo per lei. Lei, non per forza di cose, vive ancora
per me.
Ora però nella mia vita c’è un’altra persona a cui sento di
essere così legata a tal punto da ritrovarmela rovesciata sul divano e sentire
l’odore dei suoi piedi senza provare la benché minima nausea allo stomaco, a
tal punto da dovermi infilare nel suo letto quando lei dorme fuori (in realtà
non mi infilo da nessuna parte perché dorme sul materasso pur di non dover
mettere le lenzuola), a tal punto di alzarmi in questo momento dal divano per
andare ad uccidere i suoi mostri casalinghi: le ormai famose farfalle assassine.
Io non c’ho che lei, lei non c’ha che me, non c’avremo pure
un granchè, ma quanto è bello sentire di potersi affidare completamente ad una
persona senza paura di farci male, essere noi stessi senza sentirsi mai
giudicati, lasciare che l’altro ci penetri nei pensieri al solo sguardo e permettere
di conoscerci così a fondo senza preoccuparci di mostrare il fianco ed esporre
le nostre debolezze, perché quelle debolezze in un istante diventano il fulcro
di un amore incondizionato.
Lo so, ultimamente parlo di Veronica come fosse il mio
fidanzato. E lo è, sempre ovviamente in attesa che arrivi un uomo che di me
possa amare i miei occhiali da casa, il mio invadere il letto per obliquo per
cercare il contatto che da un po’ non sento più, la mia sfacciataggine quando
giro nuda con le finestre spalancate, le mie all star, la mia frangia arrotolata
quando mi sveglio la mattina, le mie ore di chattate con gli amici, la mia
risata sotto i baffi (baffi veri a sentire Runci e il Calzinaio Matto) e la mia
smisurata voglia di affetto e di sentirmi amata, proprio come fa la Runci con
me.
E l’altra sera pensavo di averlo trovato. Giuro. Ero lì lì
per dichiarare a Veronica che da quel momento in poi io avrei avuto anche un
altro e che quest’altro avrebbe ovviamente avuto anche lei, quando il tipo, arrotolando l’ultima forchettata di tonnarelli
con cacio e pepe, mi ha detto che entro un mese l’avrebbero trasferito in un altro
ospedale fuori Roma, esattamente a Torino. E non è finita qua, perché convinto
di farmi cosa gradita, mi ha anche chiesto di seguirlo per iniziare una nuova
vita lì con lui.
Panico. Silenzio. E poi delirio. Devo dire più il suo,
che il mio. Perché io, ovviamente, in una frazione di secondo mi sono subito
trasformata da Giulia in Gigì, iniziando a sognare tutte le cose belle che
questo trasferimento mi avrebbe portato, tipo la Juve, la Mole Antonelliana, la Fiat, la
neve e la bagna caoda, e in un’altra
frazione di secondo sono tornata in me, pensando che io sono della Lazio, che
qua c’è il Colosseo, che una Fiat già ce l’ho e gliela riporterei volentieri in fabbrica, che amo il sole tanto che anche
domani sarò al mare e che la bagna caoda la dovrei proporre alla Runci per
combattere le sue farfalle.
E quando lui ha visto i miei occhi di hello spank tornare
del loro solito colore indefinito, o meglio definito come verde Tevere post
alluvione, ha capito che forse non viaggiavamo sulla stessa lunghezza d’onda, o che proprio in quell'istante avremmo smesso di viaggiare sullo stesso treno verso Torino. E
quando io ho visto diventare la sua faccia del colore del naso di un clown, ho pensato
che se almeno fossimo stati al circo avrei potuto trasformarmi nella donna
cannone per essere sparata direttamente a casa della Runci. Cosa che ho fatto
ugualmente, urlando “taxi” fuori dal ristorante, anche se lui era diventato
rosso perché si stava strozzando con un grano di pepe che non era stato
macinato bene. Santo cuoco della Trattoria de Gracchi!
E così la serata è finita su questo solito divano dove
dormo, mangio e continuo a condividere la mia vita e i miei misfatti con la sintesi
di tutti i miei affetti, la mia Runci e i suoi piedi, che sono un’altra cosa
che a Torino dovrebbero invidiarci, almeno quanto questi tonnarelli cacio e
pepe che da stasera eleggerò piatto della mia romanità e attaccamento alle mie
radici che non potrò mai abbandonare.
TONNARELLI CACIO E PEPE
Ingredienti:
200 g di TONNARELLI freschi
6 cucchiai di PECORINO ROMANO
PEPE NERO
Preparazione:
1) mettete a bollire l'acqua con meno sale rispetto al normale
2) in una ciotola mescola il pecorino con il pepe nero grattugiato
3) mentre si cuociono i tonnarelli, prendere un pò della schiuma dell'acqua di bollitura e metterla nella ciotola
4) mescolare bene il condimento fino a che non diventi della consistenza di una ricottina
5) scolare i tonnarelli direttamente nella ciotola
6) aggiungere un altro pò d'acqua di cottura in caso i tonnarelli sembrino asciutti
7) servire immediatamente, spolverando sopra un altro pò di pecorino.
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